Stefano Cucchi non è morto di epilessia. A dirlo questa volta sono due esperti. Il primo è Francesco Vigevano, neurologo a cui il pubblico ministero Giovanni Musarò ha affidato la perizia dell’accusa. Secondo l’esperto la morte del geometra romano, avvenuta sette anni fa , nel letto dell’ospedale Pertini dopo una settimana dal suo arresto, non è attribuibile all’epilessia poiché tale diagnosi può essere fatta solo per persone con la malattia attiva e in buono stato di salute. Stefano Cucchi, al contrario, aveva una patologia in remissione e versava in condizioni gravi durante i suoi ultimi giorni di vita. A indicare le crisi convulsive come la causa della morte del ragazzo era stata un’altra perizia molto discussa, quella dell’esperto Francesco Introna. Adesso, il referto dell’accusa sembra escludere in modo definitivo questa possibilità. Anche alla luce della testimonianza di un secondo esperto citato dalla Procura: il neurologo bruno Jandolo. Che ha dichiarato come Cucchi non avesse avuto crisi epilettiche negli ultimi 5 anni. La questione non è da poco, infatti, proprio dalla causa accertata della morte del ragazzo dipenderà il destino del processo Cucchi bis. La Procura di Roma ha infatti a rinviato a giudizio con l’accusa di omicidio preterintenzionale tre carabinieri: Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco . Secondo l’accusa, I tre uomini in divisa che arrestarono Cucchi nella notte tra il 15 e il 16 ottobre del 2009, lo sottoposero ad un pestaggio le cui conseguenze furono mortali. E che Cucchi non sia morto di epilessia sarebbe provato anche dalla posizione in cui è stato trovato il suo corpo senza vita: disteso su un fianco con una mano sotto la testa, posizione incompatibile con una crisi convulsiva. La verità processuale potrebbe essere più vicina, se lo augurano tutti i cittadini convinti che non si possa morire per cause dubbie sotto la custodia dello Stato
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