Non solo un capolavoro di architettura di uno dei massimi ingegneri e fautori dell’architettura moderna che era Pier Luigi Nervi, ma anche un pezzo della storia e della cultura italiana, lo Stadio Flaminio (chiuso e abbbandonato dal 2011) tornerà a nuova vita. Niente demolizione per l’ex casa di Roma e Lazio e poi del rugby per 10 anni, costruito in occasione della XVII Olimpiade di Roma del 1960 e inaugurato un anno prima.
Dopo la bonifica e il vincolo posto dalla Soprintendenza per tutelare il bene architettonico per salvarlo da un destino “esplosivo”, così come fu per il Velodromo dell’Eur, l’assessore comunale allo Sport e grandi eventi di Roma Capitale Daniele Frongia conferma la volontà del Comune di mantenere e riqualificare lo Stadio, che probabilmente sarà casa della cultura oltre che dello sport.
«Entro novembre sarà completato il progetto di riqualificazione, per il quale abbiamo istituito un gruppo di lavoro con la facoltà di Ingegneria della Sapienza, che si occupa del piano di conservazione, Cassa depositi e prestiti e l’Istituto di credito sportivo: un progetto che farà da volano per la riqualificazione urbana del Villaggio Olimpico e dell’intero quadrante Flaminio» ha detto Frongia.
Bellissime idee e progetti virtuosi, come quello annunciato ieri sui social dalla Sindaca Virginia Raggi di voler acquistare altri 97 mezzi oltre ai 227 già promessi (prima tranche di 80 già in strada, non senza difficoltà dovute a guasti e malfunzionamenti ad un bus su quattro), su cui aleggia una spada di Damocle chiamata crisi di Governo.
Fuori dalle priorità della nuova maggioranza giallo-rossa(non quella della squadra di calcio ma del nuovo asse 5stelle-PD) si annuncia lunga e impervia la strada per ridiscutere la norma ‘Salva Roma’ – sulla quale il governo uscente aveva traballato non poco finendo per addolcire la pillola su volontà di Salvini e della Lega – attraverso la quale il Campidoglio puntava a chiudere la gestione commissariale del disavanzo storico, quasi 12 miliardi di euro, del Comune per passarla alle casse dello Stato.
Oltre al debito storico, si rischia di avere gravi ripercussioni anche sull’attuazione del PUMS (piano unico per la mobilità sostenibile) presentato ufficialmente prima di Ferragosto): un progetto da 10miliardi di euro e 10 anni atteso da tempo ora al vaglio del Ministero. Il rischio è che bisognerà far attendere ancora le necessità di una Capitale che non può permetterselo.