PERUGIA – “Non vogliamo che la nostra piattaforma pubblichi informazioni false perché questo va contro il nostro spirito, non vogliamo contenuti che ci danneggiano. In qualche modo abbiamo delle responsabilità per il modo in cui si usa il social, se consideriamo come è strutturata la nostra piattaforma, ma tutti insieme dobbiamo trovare soluzioni con un approccio creativo ed innovativo”: Aine Kerr, manager global journalism partnerships di Facebook, ha esordito così stamani al dibattito del Festival del giornalismo di Perugia dedicato alle cosiddette ‘fake news’ e all’ecosistema della disinformazione. Alla discussione hanno preso parte anche il giornalista Mark Little, Alexios Mantzarlis del Poynter Institute della Florida e Craig Silverman media editor Buzzfeed News. Ha moderato Claire Wardle di First Draft News, un coalizione di sette media, sostenuta anche da Google, nata per verificare le notizie e che ha organizzato l’incontro in collaborazione con il festival. Facebook, ha ricordato Kerr, punta a “discussioni responsabili” anche considerando alcuni dei suoi obiettivi, che sono quelli di “creare una comunità informata” e di “dare un’informazione completa agli utenti fornendo ad esempio più punti di vista e non uno solo”. “Il mondo dell’informazione – ha aggiunto – si è fatto prendere la mano dall’offerta senza pensare a come creare la domanda”. Anche su questo – ha osservato Kerr – “stiamo lavorando per capire cosa fare”, oltre alle azioni messe in campo “per cercare di eliminare, anche grazie alle segnalazioni dei sistemi di fact checking, i legami economici che hanno molte delle informazioni false”. “Non ci fermeremo fino a quando non aggiusteremo le cose” ha concluso la responsabile Facebook. Per Little, “una overdose di informazioni che ha creato un cortocircuito. Un vuoto, quello della distribuzione dell’informazione da parte dei giornalisti, che così è stato riempito dalla disinformazione”. Quindi “è fondamentale ristabilire la fiducia nel giornalismo”. Silverman ha sottolineato la differenza tra le notizie false create consapevolmente per fare soldi (fake news) e quelle per motivi ideologici o politici (propaganda), evidenziando inoltre come il problema sia peggiorato con la nascita di sempre più siti internet con pubblicate storie false per fare soldi. Tra le soluzioni a questa overdose di disinformazione, Mantzarlis ha chiesto di “migliorare lo strumento del fact checking”.
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