“Finalmente ci siamo”. È questa la frase con cui Ilaria Cucchi, ha commentato la decisione della Procura di Roma di rinviare a giudizio cinque carabinieri coinvolti a vario titolo nella morte del fratello Stefano.
Era il 22 ottobre del 2009, quando il trentaduenne fu ritrovato morto in un letto dell’ospedale Pertini. Cruciale fu la decisione della sorella, presa a poche ore dalla morte, di diffondere la foto del corpo del ragazzo. Per denunciare quelli che a occhio nudo apparivano come i segni di violenza.
Dopo un iter processuale fatto di continui colpi di scena e di accuse alla famiglia Cucchi, si è arrivati all’inchiesta bis della Procura che si aprirà vedendo sul banco degli imputati 5 uomini in divisa.
I tre carabinieri accusati di omicidio preterintenzionale, Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco sono incolpati di avere sottoposto il ragazzo ad un pestaggio con schiaffi, calci e pugni che ne avrebbero causato la morte.
Agli altri due carabinieri, Roberto Mandolini, e Vincenzo Nicolardi, sono attribuiti i reati di calunnia e falso.
E se la verità processuale sarà stabilita in tribunale. Il nome di Stefano Cucchi è ormai legato alla lotta contro gli abusi in divisa. Grazie all’opera instancabile di sensibilizzazione condotta da Ilaria Cucchi, sta per nascere una Onlus. Associazione stefano Cucchi il cui scopo è garantire protezione a chi ha subito una violazione dei diritti civili. Un esempio di come le battaglie di civiltà per creare un sistema più giusto possano creare risultati concreti.