Virginia Raggi, l’avvocatessa eletta sindaco di Roma a giugno, pare già sull’orlo di una crisi. Il motivo sono le dimissioni a catena arrivate all’interno del suo staff e da parte dei vertici delle due più grandi municipalizzate romane: Atac e Ama. Nessun supporto dai suoi prescelti, bensì rifiuti e benserviti che hanno gettato nella bufera il Movimento 5 Stelle e la sua giunta comunale.
«Se andiamo avanti così, sono anche pronta a mollare. Vi abbandono tutti e me ne vado», la minaccia arrivata da Palazzo Senatorio. Poi, secondo alcune indecrizioni, la crisi di nervi e le lacrime della sindaca. A innescare la catena delle dimissioni l’esito dell’Anac sulla nomina di Carla Raineri come capo di gabinetto. Lei, 61 anni, già Magistrato della Corte d’Appello di Milano tutto si poteva aspettare tranne che di essere convocata nell’ufficio della giovane grillina per sentirsi dare il benservito. Ma così è accaduto per motivi di incompatibilità tra la trasparenza che il M5S vuole “sfoggiare” e lo stipendio da 193mila euro del giudice. Fuori uno dunque, il primo. Un pezzo da novanta. E poi subito dopo il secondo: Marcello Minenna, super assessore al Bilancio. «Ho servito lo Stato anche stavolta, come sempre» – ha rivendicato su Facebook dopo aver rassegnato le sue dimissioni.
È bastato poco ed ecco che si è aggiunto il numero uno dell’Atac Marco Rettighieri. “Aspettiamo da mesi i fondi dal Comune per la Metro A. 18 milioni di euro mai arrivati, non posso continuare a lavorare cosi”. A ruota lo ha seguito l’amministratore Brandolese e anche Solidoro di Ama ha gettato la spugna. Cinque pedine in un colpo solo. E non da poco. Il capo di Gabinetto, l’assessore al Bilancio e i capi delle due aziende più sensibili di Roma Capitale. Non si ricorda un precedente simile neppure nei momenti più bui delle vecchie amministrazioni di Roma (che in questi mesi ne ha viste davvero di cotte e di crude). Dalle dimissioni di Marino alla breve parentesi Tronca l’aria di un cambiamento per Roma sembra tutt’alto che vicina e, dopo solo due mesi dall’insediamento della giunta pentastellata, ci si domanda non “come” ma “quanto” andrà avanti questo mandato.