Sembrava che la cordata Governo-Regione-Roma Capitale avesse finalmente smosso qualcosa in tema di emergenza rifiuti a Roma. Ma la soluzione ad un problema che in realtà va avanti da anni non è né immediata né di facile soluzione. In vista oggi di un Di ieri il no secco della Sindaca di Roma Virginia Raggi su facebook a nuove discariche sul suolo capitolino, “Abbiamo ospitato per decenni la più grande discarica d’Europa, a Malagrotta, ricevendo rifiuti da ogni parte d’Italia. Ora non abbiamo intenzione di tornare a quel passato”, ha continuato su un post affidato al social network la prima cittadina. Affermazione che va detto arriva dopo molte identificazioni di siti idonei ad accogliere neanche una discarica, ma solo aree di trasbordo e stazionamento temporaneo dei rifiuti per inviarli poi ad altri siti, regolarmente smentite per far eco alle proteste dei cittadini delle zone. E prosegue puntando il dito con una Regione, il Lazio, che data il suo ultimo piano regionale al 2013. Parole che sembrano smentire lo strumento legislativo appena varato dalla Regione Lazio per sopperire ai problemi di gestione rifiuti della capitale, in cui si legge che invece una discarica all’interno del territorio del comune di Roma e un Tmb “di ultima generazione” a Colleferro, da 500mila tonnellate annue, dovranno sorgere per forza dove conferire l’indifferenziato oggi lavorato dai tre impianti (escludendo quello ormai distrutto del Salario) presenti nella Capitale.
E mentre su questo punto già sono in corso accese discussioni tra Movimento 5stelle e PD sia in Campidoglio che in regione, intanto si lavora per capire dove mandare le tonnellate di rifiuti di Roma. Terminata l’emergenza, a detta di AMA, che in una settimana ha raccolto oltre 20.000 tonnellate di rifiuti e messo su strada 5000 nuovi cassonetti, ora serve attuare la fase 2, che dovrebbe impedire che la Capitale si trovi nuovamente in una situazione di allarme. Una opzione su cui aveva detto sta lavorando di persona il ministro dell’ambiente Costa è l’invio dei rifiuti all’estero, e si stanno già vagliando vari paesi come Svezia, Bulgaria, Olanda e Austria, mentre proprio in queste ore spunta fuori il nome di Copenaghen.
Perché nonostante le lamentele e le proteste, a farla da padrone è il principio NIMBY (not in my back yard), non nel mio cortile di casa. Meglio allora nascondere la polvere sotto al tappeto straniero, mentre in Italia continuiamo a riciclare meno del 45% di quello che produciamo.