Case che crollano alle prime scosse di terremoto, fiumi che esondano trascinando via con sé vite e cose, infrastrutture che cedono sotto i piedi dei cittadini. Così è stato per le 44 vittime rimaste uccise dal crollo del ponte di Genova.
Un ponte avanguardistico e assolutamente sicuro, la cui colpa pare quella di essere stato pensato e costruito in Italia. Un Bel Paese, il nostro, certo. Ma fragile. Che cede sotto i colpi sempre più forti della natura e dei cambiamenti climatici.
Questa è l’immagine ritratta dell’Italia nel convegno “Ricostruiamo il Bel Paese partendo dal ponte di Genova”, organizzato dall’Università Pegaso in collaborazione con la scuola di Scuola di rigenerazione urbana e ambientale e la partecipazione del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture ed il Consiglio Nazionale Geologi.
Non è il primo incidente grave nella storia dell’Italia ma sicuramente è uno dei più clamorosi e inaspettati, dice il rettore bianchi, che così commenta la situazione del nostro paese.
Non si può parlare infatti di catastrofi naturali o calamità, dice l’esperta del CNG, liberandosi così dal peso della colpa, che sottolinea bianchi è di tutti e porta il marchio della corruzione e dell’omertà.
Informazione, prevenzione e rispetto delle leggi sono i tre pilastri per programmare una ricostruzione dell’Italia. Lavoro difficile e complesso, soprattutto in un Paese che da 70 anni preferisce nascondere le macerie sotto il tappeto.