14 anni e 6 mesi a Massimo Carminati, 18 anni e 4 mesi a Salvatore Buzzi. Entrambi hanno agito con l’aggravante del metodo mafioso. Così ha decretato la sentenza d’appello del processo Mondo di mezzo. Pene ridotte rispetto alla sentenza di primo grado che però non riconosceva la mafiosità dell’organizzazione criminale creata dai due. Un sistema basato sulla corruzione sistematica e capace di aggredire anche la pubblica amministrazione riuscendo a pilotare gli appalti e a trasformare la rete di accoglienza dei migranti in un business. Secondo le motivazioni della prima sentenza infatti l’articolo 416bis non poteva essere applicato letteralmente. Adesso Buzzi e Carminati possono essere chiamati boss perché, come sostenuto dai magistrati nella requisitoria, si sono serviti della violenza e dell’intimidazione, dell’acquisizione di attività economiche e dell’infiltrazione nella pubblica amministrazione. Presente in aula anche la sindaca di Roma Capitale che ha affermato che la sentenza “Conferma che bisogna tenere la barra dritta sulla legalità”. Si tratta di una sentenza che dà un segnale importantissimo secondo la giornalista Federica Angeli che parla di un risultato tutt’altro che scontato. Ma se è vero che esiste la mafia a Roma, è altrettanto vero che negli ultimi anni si è sviluppata una nuova antimafia romana determinata a riconquistare metro dopo metro il territorio controllato da chi vuole imporre la propria legge con la violenza.

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