PERUGIA – Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta di un imprenditore casciano che, a un anno dal terremoto del 30 ottobre 2016 che ha stravolto la Valnerina, si sfoga perché “ferito e umiliato dallo Stato”.
“Sono Attilio Salaroli, piccolo imprenditore di 44 anni, residente con la mia famiglia a Cascia.
E’ ormai passato un anno: con il terremoto del 30 ottobre, io e mia moglie abbiamo perso tutte le nostre attività e, di conseguenza, tutte le nostre entrate economiche per perdita di lavoro nel Comune di Norcia.
Io prestavo opera di lavoro autonomo presso il teleriscaldamento urbano di Norcia, completamente andato distrutto; insieme a mia moglie avevamo creato un centro denominato “Centro Nursia salute e benessere”, dove lei era responsabile tecnica e lavoratrice autonoma. Nel Centro venivano svolte ginnastiche posturali, riabilitazione in acqua, terapie manuali osteopatiche, fitness terrestre e in acqua. C’erano la grotta del sale, la sauna e il percorso idromassaggio.
Tutto questo è andato perso. Infatti, per rischio di crollo esterno all’edificio, poiché la nostra struttura risulta essere agibile, ci hanno vietato l’ingresso, con ordinanza comunale. Noi, in termini tecnici, abbiamo la lettera C per la nostra struttura, ma F per l’esterno –appunto, inagibilità per rischio esterno.
Da allora siamo andati in completa sofferenza, perché il Centro salute era nato da appena 8 mesi. Vi impiegammo tutto quel che avevamo in famiglia e non solo. Avevamo iniziato solo il 3 ottobre 2016 e, appena tre settimane dopo, con il terremoto del 26 di Castelsantangelo su Nera, già avevamo cominciato ad avere guai seri. La mazzata è arrivata con la scossa del 30.
La mia casa è rimasta agibile e per questo non ho diritto al CAS: così si sono fatti figli e figliastri, dividendo le famiglie in quelle col CAS (anche quelle fuori per un comignolo rotto) e quelle senza CAS, quando poi il CAS veramente arriva.
Io, oggi, purtroppo, con queste condizioni di legge, avendo casa agibile, ma non avendo più l’attività, non ricevo nulla: ma cosa dovrei far mangiare ai miei figli? I mobili?
A maggio 2017 siamo riusciti a ricevere i ‘famosi’ € 5.000 una tantum della Regione; purtroppo non sono nemmeno bastati per restituire denaro alle persone che ce lo hanno prestato per campare da novembre 2016!
Abbiamo cercato lavoro, inviando centinaia di curriculum, ma purtroppo ci viene detto che per l’età che abbiamo, costiamo troppo come contributi: avendo dallo Stato incentivi per giovani sotto i 30 anni, preferiscono assumere loro…
Si pensava alla delocalizzazione, strada non percorribile per le caratteristiche intrinseche della nostra attività e per il fatto che, se decidessero di demolire il palazzo oggetto della mia chiusura attività, noi avremmo l’obbligo di rientrare dopo un mese: ma questo potrebbe accadere tra anni. E intanto?
A questo punto non abbiamo più niente e anzi, UNICREDIT, non essendo attuata dai decreti nazionali la moratoria per i prestiti personali, ci sta pure mandando tanto di raccomandata per recupero legale del debito.
Né ci sono prospettive per i figli, uno di 10 anni e uno di 25.
Situazione vergognosa Nel mese di marzo, con mia moglie, abbiamo deciso di andare a fare la stagione lavorativa al mare: dramma nel dramma. Il primo hotel chiuso appena dopo 25 giorni dal Tribunale per sfratto; il secondo, dopo 18 giorni, chiuso dall’Ispettorato del lavoro. Un calvario durato fino a metà maggio, riuscendo in due a portare a casa a malapena € 1.500 (millecinquecento).
A questo punto, rientrati, abbiamo deciso di rivolgerci alla Caritas per chiedere aiuto. Mi sento ferito e umiliato dallo Stato, perché, io, lavoro e pago le tasse da quanto avevo 18 anni.
Io mi domando -da italiano- come si può far morire e distruggere una famiglia in questo modo orribile. Alla stesura dell’ordinanza di chiusura attività, a nessuno è venuto in mente: ma questa gente da oggi come camperà?
È una situazione vergognosa. Si stanno spendendo soldi in tutti i modi e maniere, ma, oggi, dai cosiddetti legislatori, mi viene detto che non hanno alcun mezzo che possa risolvere il nostro problema. Mi sento tradito e derubato dei miei diritti in un Paese che sembra avere più rispetto degli stranieri che nei confronti di un italiano contribuente.
Sono veramente deluso. Ogni giorno matura sempre di più la voglia di lasciare l’Italia, che pure amo da morire, ma è gestita da persone irresponsabili, attive solo per i propri benefici: è ora di farla finita. Ripeto: sono italiano, amo l’Italia e voglio rimanerci.
Sfogo da condividere Da dicembre sta maturando l’idea di riprovare a fare la stagione invernale, non nascondendo che, dopo l’accaduto, proviamo molto timore. Abbiamo trovato dei gestori che potrebbero far lavorare sia me che mia moglie, dividendoci in strutture e alloggi separati, ma con la possibilità di portar dietro il nostro figlio minore per fargli finire la scuola in famiglia. Questo porterebbe al nostro bambino un nuovo reinserimento, nuovi amici, nuovi insegnanti, nella speranza di una degna integrazione.
Io spero che questo mio sfogo possa essere condiviso dalle persone. E che ognuna comprenda, con una mano sul cuore, le difficoltà di portare avanti una famiglia in questo modo: non posso essermi salvato dal terremoto, con la mia famiglia, per poi vederla distruggere a causa delle pessime scelte della politica”.
In fede
famiglia Attilio Salaroli