Hanno diffamato la famiglia Cucchi e per questo vanno giudicati. Sono tre i sindacalisti di diverse sigle della polizia penitenziaria che dovranno subire un’imputazione. La decisione è stata presa dal giudice per le indagini preliminari Elisabetta Pierazzi, che ha respinto la richiesta di archiviazione della Procura di Roma.
Il segretario del Sappe Donato Capece, del Coisp Franco Maccari e del Sap Gianni Tonelli, avevano sostenuto in diverse interviste che la famiglia Cucchi aveva “abbandonato il figlio” e che il trentaduenne romano da tempo “conduceva una vita dissoluta”. Affermazioni che secondo il Gip avevano lo scopo di diffamare e per questo meritano un’imputazione.
La vicenda si inserisce nel lungo iter giudiziario intrapreso dalla famiglia del giovane geometra morto nel 2009 ad una settimana dal suo arresto in un letto dell’ospedale Pertini. Sette anni passati in un vortice di udienze, perizie, controperizie e diffamazioni. La decisione arriva pochi giorni dopo un altro rinvio a giudizio, quello disposto dalla Procura contro tre carabinieri che dovranno rispondere di omicidio preterintenzionale. Secondo i magistrati la morte di Stefano Cucchi è da imputare al pestaggio a cui i tre uomini in divisa lo avrebbero sottoposto la notte del suo arresto.
Nel corso degli anni il caso Cucchi è diventato il simbolo della lotta contro gli abusi in divisa. La sorella Ilaria Cucchi si è spesa affinché tutti i casi di sospetti di morte in carcere possano avere giustizia.
Adesso questa decisione è accolta con soddisfazione dalla famiglia Cucchi che vede finalmente avvicinarsi il momento in cui la verità sulla morte del loro caro sarà stabilita in un’aula di tribunale. Una chiusura necessaria per un paese che si definisce civile.