Aree verdi della Capitale tramutatesi in savana

Avvizzite anche le querce dedicate ai magistrati uccisi del Giardino della memoria alla Romanina

Le aree verdi di Roma lasciate nell’abbandono più completo. Sono moltissime, quasi tutte si potrebbe dire, le zone più o meno grandi che in questa fase estiva si sono letteralmente polverizzate, fino a dare vita ad un paesaggio desertico. Da Roma Nord, da Villa Paganini a villa Ada da tempo nelle mani dei residenti per la manutenzione, al capo opposto della Città – che, si sarà eterna, ma lo stesso non si può dire per gli investimenti nel verde pubblico – lo scenario è sempre lo stesso.

Alberi caduti e rami abbandonati in mucchi e ammassi che potrebbero ricordare delle installazioni artistiche, prati verdi andati completamente in fumo e ville dove la mano dell’uomo pare non essersi mai posata, almeno non di recente.

Ultima tra le aree recentemente piantumate in pompa magna dal Ministro della Giustizia Bonafede e dalla Sindaca di Roma Virginia Raggi è il Giardino della Memoria alla Romanina: 27 querce piantate il 7 novembre 2018 per ricordare i magistrati uccisi dalla mafia. Antonino Scopelliti, Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino…. Ma come loro, anche il bel giardino è stato vittima dell’indifferenza e dell’omertà, di belle parole non seguite da fatti, di persone che alla fine lo hanno lasciato solo e indifeso. Quegli esili tronchi che non aumenteranno più il loro tronco e la chioma sono quasi del tutto secchi, come la Memoria, che troppo spesso viene chiamata in causa con gran sbandieramenti, per essere solo nuovamente lapidata.

E l’autogestione sembra ormai la sola strada da poter intraprendere, prendersi cura ognuno di un piccolo pezzo di terra, di strada, angolo di città. Una linea già da molto tempo e su molti fronti avanzata anche dalla stessa Raggi, che punta sulla cittadinanza attiva come rimedio alla carenza amministrativa.

Dopo mesi di poltrona vacante, la Sindaca di Roma ha infime rimesso la delega all’Ambiente a favore di Laura Fiorini, interna al suo staff. O almeno così dovrebbe essere, visto che ancora non è stata confermata. E intanto Roma brucia, sotto il caldo sahariano e sotto i colpi di buoni presupposti intralciati da beghe di potere e colori di casacche. Così, al ritorno dalle vacanze, i romani si troveranno una savana al posto di una città, e forse l’avvicendarsi di un nuovo governo.  Che come le querce, sembra non attecchire.

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