Tempo fa a roma si manifestava in piazza all’inno “non una di meno”. E invece, ad un anno di distanza, i numeri sulla violenza contro le donne sono in grave aumento. Si parla infatti di una strage lenta ma costante, secondo i dati resi noti dal Viminale: da agosto 2017 a agosto 2018 sono stati 130 gli omicidi dove a pagare con la vita per un rapporto malato sono state le donne.
Anche il numero delle violenze sessuali è in drammatica ascesa: 220 stupri secondo la Questura nel 2017 solo nella Capitale, quasi 20 al mese. Un aumento del 20% rispetto ai due anni precedenti che diventa del 33% nei casi di minori sotto i 14 anni.
Ed i numeri crescono esponenzialmente se parliamo di quelle violenze perpetrate per anni in famiglia, atti che non sfociano forse nell’omicidio, ma che uccidono lentamente dentro e costringono le donne ad anni di soprusi. La paura ancora troppo spesso porta a non denunciare. Paura che la legge non possa proteggerci, che in attesa di un processo lui si aggiri li fuori libero, che fino a che non ci fa del male non possiamo essere protette.
Iniziare a riconoscere l’appartenenza al genere femminile della vittima come un aggravante degli atti di violenza – il femminicidio infatti non viene riconosciuto come atto di omicidio in cui l’essere donna sia la causa essenziale e movente dell’omicidio stesso – potrebbe infine fornire quella tempestività nell’intervento del sistema che spesso arriva troppo tardi.