M5S, gelo tra Grillo e Raggi: Muraro continua

Il numero uno del Movimento Cinque Stelle rivendica la propria leadership anche nelle decisioni su Roma

Monitoraggio costante. È quello a cui sarà sottoposta da adesso in poi Virginia Raggi. Beppe Grillo non ammette più errori, e visto che a Roma la situazione appare da tempo deficitaria, ecco il nuovo impegno: soggiorni mensili nella Capitale per fare il punto della situazione con i parlamentari. E non è tutto: a Davide Casaleggio viene assegnato un ruolo preminente.

Grillo mette i paletti: sarà proprio il comico a prendere le decisioni che contano su Roma. Prima bisognerà passare per il figlio di Gianroberto. Un avvertimento che non lascia troppi dubbi. Il leader del Movimento si fida solo in parte della Raggi. Tra i due i rapporti non sono idilliaci. Grillo ha la sua opinione in merito a Paola Muraro e all’indagine che la vede coinvolta. Il sindaco difende però l’assessore, la cui posizione resta ben salda nonostante le indagini in atto. Letture differenti di una situazione precisa.

Intanto le verifiche sul caso rifiuti vanno avanti. A quanto pare la rete che collega la Muraro ai principali imputati di Mafia Capitale non era fatta di semplici relazioni istituzionali. Perché quelle relazioni, secondo gli ultimi accertamenti, avvantaggiavano l’attuale assessore comunale all’Ambiente.

Dal 2004 al 2016 la Muraro ha lavorato come consulente di Ama percependo compensi pari a circa 1 milione e 136 mila euro. Fanno discutere però quegli incarichi extra capaci di garantire all’assessore decine di migliaia di euro. Gli investigatori si chiedono come mai, dopo la nomina di Franco Panzironi ad Amministratore Delegato di Ama, le consulenze abbiano fatto registrare una crescita dei compensi senza un aumento delle mansioni.

In più ci sono i contatti con Salvatore Buzzi. Perché nel 2013 il ras della sua coop cercò la Muraro in vista della gara da 21,5 milioni di euro per la raccolta dei rifiuti indetta da Ama. I nodi sono tanti, come gli arrivi in Campidoglio di due persone assunte nella “Parentopoli” della municipalizzata e poi licenziate dopo il processo in cui arrivò la condanna per Panzironi.

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